Domini collettivi

Il termine domini collettivi è quello utilizzato dalla Legge 168 del 2017, non a tutti però è chiaro a che cosa debba riferirsi e che cosa in pratica significa. Se vuoi approfondire la materia proviamo insieme ad addentrarci nelle norme e nella tradizione dei beni collettivi.

Cosa sono i domini collettivi?

I domini collettivi, anche noti come usi civici, sono diritti di godimento su beni, generalmente terre, che spettano ad una collettività, spesso di origine storica e pre-statale. Questi diritti sono legati a un’organizzazione comunitaria e consuetudinaria, e implicano la gestione collettiva di risorse naturali come boschi, pascoli e terreni.

La Legge 168 del 2017 stabilisce un principio fondamentale riconducendolo agli articoli 2, 9, 42, secondo comma, e 43 della Costituzione: la Repubblica, quindi lo Stato che si è formato nel dopoguerra riconosce i domini collettivi, comunque denominati (comunaglie, beni frazionali, ecc.), come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie.

Un ordinamento speciale nell’ordinamento generale dello Stato definito dalla Costituzione, che riconosce all’amministrazione collettiva capacità di autonormazione e di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale, che fa capo alla base territoriale della proprietà collettiva, tramandata in comproprietà di generazione in generazione.

Sono le persone che compongono la comunione familiare nel suo insieme che esercitano i diritti di godimento sui terreni di proprietà della comunità e sui terreni comunque amministrati collettivamente.

L’importanza nell’ordinamento dei principi enunciati dalla Legge emerge anche dalla loro validità anche per le regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

In sintesi la Legge n. 168 reinterpreta l’istituto dei domini collettivi e rilegge la normativa preesistente con spirito nuovo, in chiave costituzionale.

Che cosa prevedeva il diritto previgente?

Precedentemente alla Legge del 2017 la materia era disciplinata dalla Legge 17 aprile 1957, n. 278, Costituzione dei Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali, tutt’ora parzialmente vigente.
La Legge del 1957 non definisce il concetto di bene collettivo ma si limita a disciplinare l’amministrazione separata dei beni di proprietà collettiva della generalità dei cittadini abitanti nel territorio frazionale, prevedendo l’elezione di un Comitato di cinque membri eletti dalla generalità dei cittadini residenti nella frazione ed iscritti nelle liste elettorali. È normato il sistema elettorale – prevedendo il coinvolgimento della Prefettura, del Comune e di organismi in parte non più esistenti o con competenze modificate – e la durata fissata in quattro anni.

Possono ancora essere costituiti i Comitati frazionali, come disciplinati dalla Legge 278 del 1957, ma la nuova legge va oltre: prevede in prima battuta che i beni di proprietà collettiva e i beni gravati da diritti di uso civico siano amministrati da enti esponenziali delle collettività titolari, con totale capacità autonormazione, autoregolamentazione e autogoverno. In assenza dell’ente esponenziale e dei comitati frazionali la gestione dei beni collettivi è demandata al comune con amministrazione separata, a sottolineare che la proprietà collettiva si distingue dalla proprietà privata come da quella pubblica.

Disposizioni in materia di domini collettivi antecedenti alla Legge 20 novembre 2017, n. 168:

  • Legge 16 giugno 1927, n. 1766, Riordinamento degli usi civici nel Regno
  • Legge 25 luglio 1952, n. 991, Provvedimenti in favore dei territori montani, articolo 34
  • Legge 17 aprile 1957, n. 278, Costituzione dei Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali
  • Legge 3 dicembre 1971, n. 1102, Nuove norme per lo sviluppo della montagna, articoli 9 – 10 – 11
  • Legge 31 gennaio 1994, n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane, articolo 3

Per consultare i testi normativi: https://www.normattiva.it/

Nel dettaglio quali sono i beni collettivi?

Prima di esaminare le fattispecie che la Legge n. 168 riconduce al concetto di beni collettivi, è utile chiarire il significato della locuzione usi civici.

L’uso civico è un diritto di godimento, come quelli di semina, pascolo ecc., che gli abitanti di un Comune o di una frazione di Comune esercitano sulle terre di proprietà del Comune, della frazione o di privati. L’origine di questa figura giuridica è da ricercarsi nel Medioevo, nell’ambito di quei diritti che consentivano alla popolazione di un feudo di sfruttare in modo produttivo, ma limitato, determinati terreni.

Il diritto d’uso civico solitamente non è riconosciuto in funzione di un atto noto, ma di fatto, in base alla prassi tramandata da tempo immemore o alla sussistenza di particolari condizioni storico-geografiche. Di conseguenza gli usi civici, nell’ordinamento giuridico, vengono quasi sempre riconosciuti sulla base della fonte-fatto e sono quindi ascrivibili al diritto consuetudinario.

Due tipi di uso civico:

  1. terre di proprietà privata su cui grava un diritto di uso civico in favore della collettività; il terreno privato gravato da uso civico è commerciabile, tuttavia, l’alienazione non estingue l’uso civico il quale continuerà a insistere sul fondo, limitandone il dominio (fenomeno simile al diritto reale limitato su cosa altrui, simile al diritto d’uso). È possibile dar luogo alla vendita del terreno privato libero dall’uso civico, previa affrancazione del fondo. L’affrancazione del fondo rappresenta una procedura di liquidazione monetaria dell’uso civico e dopo di essa il fondo può circolare liberamente senza limiti di sorta.
  2. terre di proprietà collettiva (demanio civico); queste terre civiche, già disciplinate dalla Legge 16 giugno 1927, n. 1766, sono per definizione incommerciabili, imprescrittibili e insuscettibili di mutamento di destinazione.

Sono beni collettivi:

  • Le terre di originaria proprietà collettiva, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate
  • Le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati
  • Le terre derivanti da scioglimento delle promiscuità per condominio o per servitù fra Comuni, fra Comuni e frazioni, o fra due frazioni anche dello stesso Comune
  • Le terre derivanti dalle procedure di conciliazione previste dalla Legge n. 1766 del 1927 in materia di usi civici
  • Le terre derivanti dallo scioglimento di associazioni agrarie;
  • Le terre derivanti dalla mancata liquidazione e affrancatura degli usi civici secondo le procedure di ripartizione previste dalla Legge 1766 del 1927 
  • I terreni acquistati da regioni, comunità montane e comuni compresi nei rispettivi territori montani non più utilizzati a coltura agraria o nudi o cespugliati o anche parzialmente boscati per destinarli alla formazione di boschi, prati, pascoli o riserve naturali, risultanti incorporati ad altri sottoposti al regime di cui alla Legge 16 giugno 1927, n. 1766 (rif. articolo 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102)
  • Le terre derivanti da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici
  • Le terre derivanti da permuta o da donazione
  • Le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati;
  • Le terre collettive comunque denominate, appartenenti a famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo, nonché le terre collettive disciplinate dagli
  • Il patrimonio antico delle comunioni trascritto o intavolato nei libri fondiari come inalienabile, indivisibile e vincolato alle attività agro-silvo-pastorali e connesse
  • I corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici.
Quali le peculiarità distintive dei domini collettivi?

Le ragioni di una tutela specifica dei beni collettivi sono indicate al primo comma dell’articolo 2 della Legge 168 del 2017. Senza riportarli integralmente basta dire che le motivazioni si riconducono a finalità di salvaguardia e sviluppo delle comunità locali, di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e paesaggistico, di salvaguardia del patrimonio storico culturale, di tutela del sistema ambientale, anche quale fonte di risorse rinnovabili da valorizzare ed utilizzare.

Una Legge che traguarda molti degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, i cosiddetti GOALS.


Come noto i beni pubblici sono beni di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici, destinati a soddisfare direttamente un interesse pubblico. Si distinguono in:

Beni demaniali

Sono beni di proprietà dello Stato o altri enti territoriali (regioni, province, comuni) elencati tassativamente dalla legge, come il demanio marittimo, idrico e militare. Il regime dei beni demaniali prevede l’inalienabilità, ovvero l’impossibilità di essere venduti, se non dopo essere stati “sdemanializzati”, ovvero privati del loro carattere demaniale attraverso una specifica procedura amministrativa. Sono inoltre inusucapibili e non possono essere oggetto di diritti in favore di terzi, se non nei modi previsti dalla legge.

Beni patrimoniali indisponibili

Sono beni che, pur essendo di proprietà pubblica, non possono essere sottratti alla loro specifica destinazione pubblica, come foreste, miniere, edifici destinati a uffici pubblici. I beni indisponibili non possono essere sottratti alla loro destinazione pubblica, se non attraverso specifiche procedure previste dalla legge. Tuttavia, a differenza dei beni demaniali, i beni patrimoniali indisponibili non sono soggetti a un divieto assoluto di alienazione. Possono infatti essere oggetto di riclassificazione in beni disponibili.

Beni patrimoniali disponibili

Sono beni di proprietà pubblica che possono essere alienati o utilizzati liberamente dalla Pubblica Amministrazione, come immobili non destinati a servizi pubblici o beni mobili non strumentali all’attività amministrativa.

I beni collettivi, tranne le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati, costituiscono il patrimonio antico dell’ente collettivo, detto anche patrimonio civico o demanio civico. Il regime giuridico prevede l’inalienabilità, l’indivisibilità, l’inusucapibilità e la perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.

Un regime giuridico simile a quello dei beni pubblici demaniali e patrimoniali indisponibili, ma reso ancora più stabile dal vincolo della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale. Inoltre, il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, impone il vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici giuridico, anche in caso di liquidazione, garantendo così l’interesse della collettività alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.

Fondazione Comunità dei monti
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